Quello che le parole non dicono serve oppure no?

Quello che le parole non dicono è senz’altro una parte fondamentale della scrittura. L’evocazione, l’ironia, la semplicità non sempre sono cose che possono essere espresse a parole o forse si? Mi capita spesso di leggere post sui social, scritti da aziende e professionisti, senza capire il messaggio che vorrebbero trasmettermi. Mi perdo dietro sbavature grammaticali, giri interminabili di parole, concetti inespressi e non capisco.

Quando abbiamo deciso che la semplicità è una cosa negativa?

Quando si è stabilito che non si può andare dritti al punto?

Questi giorni rifletto più del solito sull’importanza delle parole, del tono con cui vengono usate e sull’importanza della chiarezza del messaggio che si sta esprimendo.

Mi capita spesso.

Davvero.

Io stessa commetto errori imperdonabili che poi mi perdono e cerco di non replicare, mi giudico serenamente, mi ammonisco e mi perdono.

Sapersi perdonare è una cosa bellissima.

Ma non sono qui per questo.

Ciò di cui voglio parlare sono i concetti e il modo in cui li esprimiamo perché scrivere per comunicare non è una roba da poco. Molto spesso confondiamo il mezzo con il messaggio, Facebook ci chiede in continuazione

What’s on your mind?

Cosa stai pensando?

Spesso sarebbe un’ottima cosa stare zitti.

Non parlare tanto per.

Non scrivere tanto per.

Altre volte stiamo zitti e dovremmo parlare.

Scrivere.

Scrivere con empatia e passione.

 

Chi scrive dovrebbe farlo tenendo a mente due obiettivi: trasferire il proprio messaggio in modo cristallino e risuonare nella mente del lettore. Mi piace pensare alla mente come fosse un anfiteatro, un luogo dentro cui le parole, quelle arrangiate al meglio, vengono amplificate, amplificate, amplificate fino a ottenere una melodia magica. Magica, sì, perché  capace di toccare le nostre corde più profonde: quelle che ci mettono in contatto l’uno con l’altro. Per me un testo che parla è una sinfonia e non un insieme di parole; una sinfonia che irradia chiarezza, emozioni, personalità; una sinfonia unica, difficile da confondere con altre e impossibile da dimenticare. E un testo, per parlare e diventare sinfonia, ha bisogno di due cose: una voce e un tono di voce.

Falcinelli Valentina, Testi che parlano, Franco Casati Ed, 2018

A questo proposito ho anche letto un interessante articolo di Skande dal titolo Se ti emoziona scriverlo, emozionerà anche chi legge. 

Scrivere è una trasmissione di energia e conoscenza in cui l’autore si immedesima nel lettore. Questo è quello che ho compreso in questi anni.

Comunicare significa farsi carico del problema di chi ti ascolta.

Senza passione entusiasmo e chiarezza non si va da nessuna parte e quello che le parole non dicono, la magia di cui parlava la Falcinelli non può esistere senza esercizio, dedizione e motivazione. Immaginare che le mie parole possano risuonare nella mente di un lettore mi emoziona e un po’ mi blocca perché la chiarezza e l’intenzione del messaggio per me sono fondamentali. Non mi piace non essere capita e cerco sempre di esprimermi facendo del mio meglio.

Anche di persona spesso si perdono occasioni di lavoro, amicizie, sinergie importantissime perché i toni e i messaggi non erano chiari.

Le parole sono importanti quanto quello che non dicono.

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Martina Saiu
Martina Saiu

Social media manager, consulente e formatrice

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