Tutti vogliono diventare influencer ma sapevi di esserlo già?

No?

Che non sei nulla di speciale lo hanno detto in tanti, troppi anche se chiaramente non è così!

La mia maestra di matematica delle elementari, la prof. di greco al liceo, tutti quelli che mi hanno giudicata senza conoscermi.

Tutte queste persone hanno cercato di annientarmi.

Di rovinare la mia autostima.

La mia voglia di fare.

Sbagliavano, loro, non sapendo che sono tante cose ma non una che si arrende davanti a un giudizio negativo.

Queste persone mi hanno dato un forte senso critico, per questo mi sono spesso interrogata -e tutt’ora rifletto- sui miei punti di forza.

Su come accettare le mie debolezze per trasformarle in qualcosa di buono.

I’m only human after all

Per esempio ho sempre desiderato scrivere e lavorare in radio e, in un certo senso, ciò che faccio non è così lontano dal mio grande sogno.

Influencer On e Off line

Pensa a quando, magari davanti a una pizza, hai condiviso una tua personale recensione di un disco, un libro o un film e i tuoi amici si sono incuriositi a tal punto da acquistarlo!

A me è successo.

Ho incuriosito e influenzato delle persone a tal punto da convincerle a comprare qualcosa!

Se ti domandi come trasmettere agli altri il tuo sapere, la risposta è semplice, ti servono un pc e una connessione internet a cui dovrai aggiungere una serie di tattiche e strategie che ti aiutino a spiegarti meglio.  Se non sei navigato, potrai farti aiutare da professionisti di settore come grafici, social media manager,  esperti SEO.

Queste persone sapranno indirizzare il tuo messaggio nei giusti canali valorizzando i tuoi contenuti!

Se farai un buon lavoro, ogni tua passione, anche assurda, di nicchia, incomprensibile per tanti, potrà essere condivisa e apprezzata da persone come te.

Di fatto le passioni sono come i fiumi, puoi arginarle, costruirci sopra una vita diversa ma alla fine saranno loro a riprenderti e a portarti nella giusta direzione!

studio diverso

È su instagram che spesso incontro “colleghi” e persone che fanno più o meno il mio lavoro. Così ho conosciuto la persona che vi presento oggi. Dopo essermi appassionata alle sue stories, ho fatto una chiacchierata con Sabrina di Studio Diverso che si occupa prevalentemente di grafica e social media.

Vedo ancora gestori di pagine che non rispondono al loro pubblico nei commenti, non ringraziano, non interagiscono.

1. Vorrei cominciare questa intervista chiedendoti: di cosa si occupa Studio Diverso?

Studio Diverso si occupa di grafica cartacea e web, gestione pagine/account social per PMI e professionisti e – ancora – siti web. Dico “ancora” perché negli ultimi tempi mi sto specializzando sui social media, settore che preferisco. Stare dietro a TUTTO, continuando a fare anche lavoro di grafica pura, sta diventando un po’ complicato. Questo perchè Studio Diverso sono solo io, Sabrina Giovanella, freelance dal 2011. Quello dei siti web, con le nuove regolamentazioni privacy, è un settore che mi piace sempre meno e che sto pensando di delegare completamente a collaboratori esterni mantenendo la sola attività di coordinamento e gestione del cliente.

2. Come mai questo nome?

Sono da sempre sensibile all’argomento diversità e mi piaceva l’idea di inserire questa parola nel marchio. Ho scelto l’asterisco come simbolo identificativo – al posto dell’ultima lettera finale, la cui forma circolare ricorda la O – in quanto carattere jolly in informatica, che sostituisce un carattere o un gruppo di caratteri. Per comodità lo chiamo Diverso ma potrebbe essere Diversa, Diversi o Diverse.

3. Parliamo di Social media marketing: tra i tuoi servizi figura la gestione dei social media. Qual è il profilo tipo della tua clientela?

I miei clienti sono piccole aziende, startup o liberi professionisti che hanno un progetto da sviluppare. In altri casi sono aziende del mio stesso settore più strutturate che internamente non hanno il reparto grafico o che preferiscono delegarlo ad un collaboratore esterno. Mi trovo spesso a lavorare a creazione di nuovi loghi, impaginazione di cataloghi, creazione grafiche per packaging oltre a svolgere attività di gestione social media. Chi si affida a Studio Diverso per la gestione della propria pagina facebook o profilo instagram avrà il pacchetto completo che comprende: creazione ed elaborazione di immagini o foto, contenuti testuali (copy), gestione sponsorizzate, statistiche e analisi mensili.

4. Quali sono a tuo parere gli errori comuni che professionisti aziende compiono nella gestione delle proprie pagine social?

Un errore molto comune e banale che riscontro ancora, ad esempio sulle pagine facebook, è l’errato ridimensionamento delle immagini di profilo e di copertina, che non tiene conto del lato responsive. Inoltre vedo ancora gestori di pagine che non rispondono al loro pubblico nei commenti, non ringraziano, non interagiscono. Coltivare i rapporti sui social è fondamentale perché chi ci scrive si aspetta una nostra risposta proprio come accadrebbe vis-à-vis:rispondere è prima di tutto una questione di buona educazione.

Altri errori comuni sono:

– la cancellazione di commenti negativi o risposte esageratamente “piccate”; Il social media manager non può permettersi di essere permaloso, almeno non sul lavoro!

– l’abbandono della pagina. Partire con un grande entusiasmo e arenarsi dopo pochi mesi è molto frequente.

– il non corretto uso di hashtag (su instagram, perchè su facebook sono praticamente inutili)

– il rubacchiare contenuti altrui senza citare fonti

– non prestare adeguata attenzione nei contenuti testuali alla grammatica e alla sintassi.

5. Parliamo di immagine. Studio Diverso si occupa anche di grafica e costruzione di siti web. Che ruolo ha l’immagine nella presentazione del proprio lavoro sul web?

L’immagine sul web, che sia un sito o una pagina social è di fondamentale importanza perché dà subito una prima impressione di ciò che siamo, di cosa ci occupiamo e di come ce ne occupiamo. Come diceva Wilde Non esiste una seconda occasione per fare una buona prima impressione. Se navigando alla ricerca di un fornitore mi imbatto in un sito degli anni 2000, creato in flash con la musichetta e il logo palesemente scansionato dal biglietto da visita, bè… certamente una prima impressione me la faccio e non è di certo fantastica.

Altro esempio: se il nostro sito o i nostri profili aziendali social contengono solo immagini prese da stock, non va bene. Vedo pagine di ristoranti con immagini dei piatti palesemente acquistate sui database fotograficiormai gli utenti sanno riconoscere le foto autentiche e personalizzate da quelle che si possono reperire online. L‘acquisto di foto da stock non è di per sé un male ma per un’attività è preferibile investire in un servizio fotografico dal momento che le cifre non sono inavvicinabiliSe proprio non si vuole investire, occorre armarsi di pazienza, creatività e di un buon telefono di ultima generazione e provare a scattare foto convincenti,accattivanti e reali. Le persone apprezzeranno.

6. Quali sono, secondo te, i rischi, se ci sono, per un’azienda o un professionista che decide di non essere presente sui social media?

Non essere presente al giorno d’oggi sul web o sui social media equivale a non esser stato presente sulle pagine gialle 20 anni fa. Ossia, non esistere agli occhi di chi cerca un determinato servizio/prodotto. Se io, potenziale acquirente non ti trovo online, non comprerò il tuo servizio/prodotto. E se non compro tu non fatturi. E se non fatturi, chiudi. Non affidiamoci solo al passaparola, anche se operiamo in piccoli paesini di provincia dove è più facile che tutti si conoscano. Il passaparola è senza dubbio un metodo molto efficace di pubblicità, forse uno dei più potenti, che resisterà nei secoli. Se una mia amica va in un centro estetico, si trova bene e me ne parla, al 99% quando anche io avrò bisogno di un centro estetico andrò lì. Purtroppo però il passaparola non dipende da noi:è un metodo passivo, che possono cioè fare gli altri parlando della nostra attività. Quello che possiamo fare noi è farci vedere, farci trovare, esserci nel momento in cui una persona necessità di un nostro servizio. Se una persona cercando il nostro prodotto sul web non troverà noi, troverà di sicuro un nostro concorrente che si è dimostrato più lungimirante.


Ci sono casi particolari di aziende che di recente hanno scelto di non comparire più sui social media per determinati motivi. Un esempio è Lush, famosa azienda di prodotti cosmetici, che ha deciso di abbandonare tutti i profili social per non essere più “schiava” degli algoritmi e smettere di pagare per apparire nel feed dei propri follower. Tuttavia queste g
randi aziende, conosciute a livello mondiale,hanno sempre strategie pubblicitarieben definite e capacità di investimento molto elevate e diversificate e possono quindi permettersi anche di scomparire dai social. Non vedo l’ora di vedere nei prossimi mesi come si svilupperà il loromarketing 😉

  1. Dovendo dare un consiglio a un professionista o azienda che sta per aprire una pagina sui social media, che cosa gli diresti?

Se ha intenzione di occuparsene direttamente, in maniera autonoma, i miei consigli sono:

• essere costante: pubblicare e aggiornare spesso il profilo,pianificando i contenuti. “Spesso” non vuol dire necessariamente più volte al giorno o ogni giorno ma con una cadenza regolare.

• dedicare tempo al progetto: Creare contenuti è molto impegnativo: trovare la foto o la grafica giusta, scrivere il testo in maniera interessante e corretta senza scopiazzare è davvero un lavoro.

• avere pazienza: i risultati non saranno immediati ma non per questo si deve abbandonare o demordere dopo pochi mesi. Perseveranza!

Se questi tre punti dovessero risultare troppo impegnativi nel lungo periodo, non c’è altra soluzione che rivolgersi a qualcuno che se ne occupi in maniera professionale. Come Studio Diverso! 😉

Leggi anche Intevista: Valeria Pecora, dai romanzi ai social!

Intervista valeria pecora e i social network

A proposito di social network, ho la fortuna di conoscere molto bene una talentuosa scrittrice, Valeria Pecora, classe 1982 che, con il suo ultimo romanzo “Mimma”, ha vinto il premio Antonio Gramsci 2017 e quello Giacomo Matteotti 2018, quest’ultimo indetto della presidenza del consiglio. Ho pensato di intervistarla in relazione al suo rapporto con i social media. Anzi, per dirla tutta, ho suddiviso l’intervista in due parti: la prima sul mestiere di scrivere, la seconda sui social network.

Io sto molto attenta a quello che scrivo sui social. Credo che il pericolo più grande sia l’impulsività: il fatto di interagire in un mondo social, solo apparentemente senza filtri, porta le persone a scrivere talvolta cose spiacevoli.

PRIMA PARTE: IL MESTIERE DI SCRIVERE

Buongiorno Valeria Grazie per avermi concesso questa intervista. Inizio subito col chiederti, come ti sei avvicinata alla scrittura?

Buongiorno Martina, grazie a te per questa intervista. Mi sono avvicinata alla scrittura da qualche anno ma ho sempre coltivato, fin da bambina, un grandissimo amore per la lettura e per i libri. Ho iniziato a scrivere per buttare giù le mie riflessioni su carta e poi sui social. Il salto che mi ha portato a scrivere il primo romanzo l’ho fatto dopo i 30 anni, nel 2015 è stato pubblicato Le cose migliori.

Hai qualche nuova storia in cantiere?

Sì, ho un romanzo pronto, terminato da poco e spero riesca a trovare la pubblicazione che desidero. Intanto sto progettando di scrivere un nuovo romanzo su una storia vera, incredibile e potentissima a livello emotivo.

Come nasce un romanzo?

Dipende, ogni volta è un’avventura diversa e forse proprio per questo è così meraviglioso scrivere. Per esempio il romanzo che ho terminato da poco è nato da una mostra fotografica che mi colpì moltissimo e fu in quel momento che decisi di voler scrivere di quell’argomento. Il prossimo romanzo che vorrei scrivere nasce invece dall’incontro con una donna speciale. Ogni volta la scintilla si accende da situazioni e stimoli diversi.

Come si sviluppa un’idea?

Dopo che ho focalizzato il tema che vorrei raccontare, di solito procedo con la fase di ricerca e di studio ma il mio modo di scrivere è disordinato, caotico. Spesso altre idee e altri temi si aggiungono in corso d’opera. In ogni caso procedo sempre a informarmi, a studiare il tema e a intervistare le persone esperte. Amo ascoltare e raccontare le storie vere.

Qual è il segreto per dare corpo, in questo caso parole, a un progetto?

La curiosità, l’entusiasmo, la determinazione. Sembrano elementi poetici ma in realtà per me è questo il segreto per scrivere: un tema deve incuriosirmi talmente tanto da entusiasmarmi e volerne parlare con determinazione.

SECONDA PARTE: I SOCIAL MEDIA

In che modo i social network incidono sul tuo lavoro o meglio sulla tua immagine pubblica?

I social network sono un mezzo potentissimo per me e per la mia attività di scrittrice. I lettori mi seguono, mi piace utilizzare i social al meglio, parlare di me come persona e non solo come autrice. Ai lettori, alle persone piace l’umanità e la verità anche in questo tipo di narrazione.

Come li utilizzi? Hai un profilo privato? Una pagina?

Ho un profilo privato e una pagina autrice su Facebook e cerco di aggiornarli in contemporanea (anche se a volte non sempre riesco e allora utilizzo il profilo privato perché risulta quello più seguito). Gestisco anche un account Instagram.

Alla luce della tua esperienza, quali sono gli errori che un professionista può correre esponendosi su un social network e in che modo può tutelare la sua professione?

Io sto molto attenta a quello che scrivo sui social. Credo che il pericolo più grande sia l’impulsività: il fatto di interagire in un mondo social, solo apparentemente senza filtri, porta le persone a scrivere talvolta cose spiacevoli. Oppure a sentenziare e commentare ogni fatto di cronaca, questo io lo trovo fuorviante e pericoloso. Si diventa tuttologi con il rischio di fare analisi spesso superficiali e inesatte. Io porto avanti determinate battaglie: la precarietà lavorativa, il diritto al lavoro, i diritti dei malati. Sono realtà che però vivo tutti i giorni e di cui parlo con cognizione di causa. Non metto bocca su argomenti molto delicati (non perché non ci rifletta) ma perché scriverlo sui social significa dare molta più visibilità alle idee anche in modo pericoloso. Il faccia a faccia resta comunque la modalità di dialogo che preferisco.

In che modo promuovi i tuoi libri e quali sono i veicoli più importanti per diffondere il tuo lavoro? Che ruolo hanno i social network all’interno di questo progetto promozionale?

In entrambe le pagine social (profilo privato e pagina autrice di Facebook) pubblicizzo gli eventi a cui partecipo, i festival, le presentazioni a cui prendo parte. Gioco in maniera leggera sfoggiando i miei outfit prima delle presentazioni. Credo che mischiare ironia e profondità, leggerezza e serietà sia il modo migliore per attirare anche nuovi potenziali lettori. Che palle se parlassi con pesantezza solo dei miei libri. No, amo sfruttare al meglio questi mezzi potenti e spessissimo consiglio anche i libri di altri autori e autrici o prendo parte agli eventi in qualità di moderatrice. In questo modo ti fai sempre promozione ma offri altri aspetti di te come per esempio quello di lettrice. Oltre alla comunicazione social io penso che per uno scrittore la comunicazione più importante consista nel farsi conoscere quindi mi sposto moltissimo e ho all’attivo più di 40 presentazioni del mio ultimo romanzo. Girare e farsi conoscere, questo resta per me il passaparola migliore e più forte.

Ti chiedo infine un consiglio rivolto a professionisti e aziende per la gestione dei social network.

Siate chiari, concisi e sempre veri. La spontaneità e l’amore per quello che si fa vengono premiati.

Leggi anche Vera Gheno, Socialmedia ed evoluzione linguistica

 

Vera Gheno foto Massimo Battista

Social media. Tutti li usiamo ma siamo davvero consci del ruolo e dell’importanza che hanno nella società e nella costruzione (o meglio esposizione) della nostra immagine?

Ho parlato di questi ed altri argomenti con la sociolinguista Vera Gheno, scoperta per caso quando un’amica mi ha consigliato il suo recente libro, scritto a quattro mani con Bruno Mastroianni “Tienilo Acceso. Posta, commenta e condividi senza spegnere il cervello” che mi ha talmente coinvolta che le ho chiesto un’intervista! 

Vera, classe 1975 è una linguista e ricercatrice presso l’Accademia della Crusca, di cui gestisce l’account Twitter. È inoltre membro del comitato scientifico di Parole O_Stili e firmataria del Manifesto della comunicazione non ostile. 

Le aziende e i professionisti che sbarcano sui social dovrebbero usarli per ascoltare le conversazioni dei loro clienti, intessendo con loro reazioni bidirezionali che non siano solo una profilazione a scopi pubblicitari. Stare sui social, qualunque sia il soggetto, vuol dire entrare in una rete relazionale che va curata e coltivata nel tempo.

Ciao Vera, esordisco sempre chiedendo al mio ospite di presentarsi. Chi è Vera Gheno?

Se solo lo sapessi! Sociolinguista, traduttrice, docente, donna, mamma… sono tante cose, anche se, come molti esponenti della mia generazione, ho difficoltà a identificarmi con un’unica etichetta. Sarà lo stato di precarietà perenne nel quale vivo da sempre, lavorativamente parlando.

“Parole, parole, parole soltanto parole, parole tra noi” così diceva una bellissima canzone. Quanto è importante il linguaggio al giorno d’oggi? La velocità e i ritmi a cui siamo sottoposti stanno cambiando il nostro modo di scrivere e parlare?

Il linguaggio è importante come sempre, perché è una delle proprietà centrali dell’essere umano. E forse oggi lo è ancora di più perché tutti siamo comunicatori, molto più di prima. Il dibattito pubblico generalizzato ha fatto sì che tutti quanti, nel bene e nel male, abbiamo più voce in capitolo rispetto a una volta. E mi pare chiaro che riesce davvero a distinguersi, sul lungo periodo, chi ha qualcosa da dire e lo sa dire bene. I modi di scrivere e parlare sicuramente sono stati influenzati dall’arrivo di nuovi media, che ormai non possono nemmeno essere definiti davvero nuovi, dal momento che hanno tra i venti e i trent’anni; tuttavia, parte di quel cambiamento continua a dipendere non tanto dai mezzi di comunicazione, quanto da noi stessi e da quello che pensiamo della connessione, al significato che le diamo.

Social media. Che ruolo hanno oggi nell’evoluzione della lingua? Credi che in un certo senso la stiano “democraticizzando”?

Il ruolo principale, a parte quelle prevedibili caratteristiche di adattamento al mezzo di trasmissione che di fatto sono note da molti anni (come gli acronimi o le tachigrafie, oggi in recessione) è quello di far vedere una varietà di lingua che in precedenza tendeva a rimanere nascosta: quella dell’italiano “popolare” o “dei semicolti” che prima non era quasi mai visibile, dato che il discorso pubblico era di fatto monopolizzato dai pochi che vi avevano accesso (che, di fatto, rappresenta(va)no un’élite culturale e di conseguenza anche linguistica). Non so se i social contribuiscano davvero a “democratizzare” l’evoluzione linguistica più di prima, dato che, in fondo, la lingua è sempre stata modificata dai suoi parlanti – anche se molti resistono a questa idea, per timore che “la gente” rovini la lingua –; certo è che i social possono contribuire alla circolazione dei neologismi, solo per fare un esempio, molto più dei mezzi di comunicazione più tradizionali e con una copertura molto più capillare e veloce.

Come dovrebbero presentarsi aziende e professionisti sui social network e quali sono, secondo te, le cose che non dovrebbero MAI fare?

In maniera congrua rispetto al proprio stile, sicuramente. Ma la grande differenza, secondo me, non sta tanto nel come, sul quale ovviamente si può lavorare fino a trovare il registro ottimale, quanto nel perché: ogni azienda o professionista deve avere ben chiaro il motivo per cui stare sui social, che a mio avviso non devono essere l’ennesimo canale attraverso il quale fare e farsi pubblicità. Le aziende e i professionisti che sbarcano sui social dovrebbero usarli per ascoltare le conversazioni dei loro clienti, intessendo con loro reazioni bidirezionali che non siano solo una profilazione a scopi pubblicitari. Stare sui social, qualunque sia il soggetto, vuol dire entrare in una rete relazionale che va curata e coltivata nel tempo.

Ogni tanto dico, scherzando ma non troppo, che occorrerebbe la patente per poter usare i social media. Cosa pensi di questa affermazione?

Che è molto meno “spocchiosa” di quanto possa sembrare. Penso che nessuno nasca con tutte le competenze necessarie per stare online, e penso che non tutti abbiano avuto il privilegio di vivere il passaggio al digitale; così, molti si sono ritrovati catapultati in rete, come dei neopatentati alla guida di una Ferrari, tanto per continuare con questa immagine. Pensare di fare un’educazione digitale a tappeto, che riguardi il presentarsi online, il comprendere il mondo (per esempio, individuando le notizie false, ma non solo) e il relazionarsi con gli altri sarebbe una buona idea. Se il prodotto di questa educazione fosse una specie di patentino… perché no?

Parole Ostili è un interessante progetto sociale, di cui sei promotrice, atto a sensibilizzare contro il linguaggio violento. Me ne parli?

Ho contribuito, tra molti altri, alla stesura del Manifesto per la comunicazione non ostile, poi declinato in molti modi diversi (per la politica, per lo sport, ecc.). Lo trovo un ottimo punto di partenza per una riflessione in ambito educativo, anche perché, essendo un decalogo, si presta molto bene alla diffusione. Mi piace particolarmente il punto 10, che recita “Anche il silenzio comunica”. Cerco di tenerlo sempre a mente io stessa!

Arriviamo al libro che hai scritto assieme a Bruno Mastroianni “Tienilo acceso”. Come è nata l’idea di scrivere un testo del genere? Io, da addetta ai lavori e non solo, l’ho trovato molto utile e interessante.

Grazie. Negli ultimi due anni, io e Bruno abbiamo girato per l’Italia andando in scuole di ogni ordine e grado, master universitari, realtà aziendali, organizzazioni non profit, enti religiosi, e ci siamo resi conto da una parte del grande interesse che tutti, letteralmente, hanno nei confronti della rete, ma dall’altra che molti sentono la mancanza di una riflessione sul vivere “felici e connessi”, dato che normalmente si tende a parlare più della parte disfunzionale dello stare in rete, come il cyberbullismo, lo hate speech, i pericoli legati alla violazione della privacy e così via. Tutto vero e tutto necessario, ma ci siamo chiesti se non fosse il caso, pur prendendo in considerazione anche quanto accennato sopra, di parlare anche di come vivere l’online “in tempi di pace”, cioè non in difesa da quello che non funziona, ma in maniera costruttiva e serena. Ecco, fondamentalmente questo è il punto di partenza di “Tienilo acceso”, titolo che non va mai disgiunto dal suo sottotitolo: “Posta, commenta e condividi senza spegnere il cervello”. Né io né Bruno siamo dei tecnoentusiasti senza freni; semplicemente, riteniamo che sia utopico pensare di spegnere e di risolvere, con lo spegnimento, i problemi connessi allo stare online. Del resto, rinunciare del tutto alla connessione, diciamo noi, comporta perdersi delle bellissime opportunità di crescita cognitiva e anche personale. Quello che cerchiamo di dire è che tutti dovremmo tendere alla ricerca dell’equilibrio nella dieta mediatica, tra connessione e disconnessione, e in questo modo diventare esseri umani che usano la tecnologia senza essere usati da essa.

La lingua è in costante evoluzione, il processo è inarrestabile e i social network mettono in luce il cambiamento che altrimenti rimarrebbe “nascosto”. I social media mettono inoltre in evidenza tanti aspetti della personalità di chi li usa anche se, molto spesso, non si ha piena coscienza della conseguenza delle proprie azioni. Questo è particolarmente evidente in alcune “strategie” adottate da professionisti e aziende che non li sfruttano per instaurare un dialogo con il proprio pubblico secondo i propri valori etici (aziendali) ma in modo incongruo 

 

rispetto ai propri valori. Sui social network, inoltre, capita sempre più spesso che le persone -ma anche i brand- insultino qualcuno in modo, come dire? Esagerato, senza rendersi conto delle reale conseguenze di queste conversazioni virtuali. I social network siamo noi, non il nostro avatar.

A questo proposito, cliccando sull’immagine qui affianco, avrete il link dell’interessante libro scritto dalla Gheno e Mastroianni.

Consiglio la sua lettura!

 

ninjalitics home

Ninjalitics, qualche mese fa ho scoperto questa interessante piattaforma gratuita per il monitoraggio dei profili instagram che mi ha aiutato a migliorare le mie performance.

Come? Grazie alla semplice esposizione dei dati offerta dal tool, ho sempre sotto mano i punti forti e deboli della mia strategia.

Ninjalitics permette di:

  • Misurare l’engagement rate
  • Tenere sott’occhio la crescita dei followers  nel corso del tempo
  • Avere un grafico dedicato alla crescita giornaliera di followers e dei following di un profilo
  • Vedere l’analisi degli ultimi 12 post e hashtag
  • Creare liste, per esempio di profili simili al nostro o di influencer a cui ci ispiriamo e, grazie ai dati pubblici di instagram,  capire la loro strategia.

Veniamo ora alla chiacchierata con Yari Brugnoni, co-fondatore di Ninjalitics.

Ciao, con chi ho il piacere di parlare?

Yari Brugnoni parla di Ninjalitics al Growth Hacking Day

Ciao Lettore, lo so che in cuor tuo sai già che sto rispondendo a queste domande su un foglio word.

Ed è proprio per questo che è inutile che io risponda a Martina. Perché in realtà è a te che voglio e sto parlando. Sono Yari Brugnoni, co-fondatore di Ninjalitics. Probabilmente non mi conosci, o forse si. Poco importa, cercherò di darti più spunti possibili in questa intervista. Vediamo quanto è brava Martina con le domande che ha scritto, devo ancora leggerle tutte 😉

Allora speriamo che le domande ti piacciano, Yari! 

Di solito le grandi idee nascono dalla risposta a un bisogno, come è nata quella di ninjalitics?

Lo hai detto.  Le persone “fanno cose” per rispondere o dei bisogni o a delle necessità. Quindi i casi sono due: o sei bravo ad ascoltare di cosa hanno realmente bisogno le persone intorno a te, oppure sei bravo a indurgli una necessità. Con Ninjalitics siamo stati molto bravi (facile dirlo con il senno di poi…) ad ascoltare. Intorno a noi nel 2018 molti competitor sono caduti. Lasciando una necessità scoperta: quella di analizzare profili instagram e poterne conoscere i dati per soddisfare quella voglia di sapere, di capire e dimostrare. 

Anche noi usavamo i tool di analisi più conosciuti all’epoca.

Da clienti.

Abbiamo quindi vissuto l’esperienza dall’altra parte.
Quando ad Aprile ci siamo ritrovati una sera a creare il sito, siamo partiti dalla volontà di creare uno strumento che avesse come punto di forza, i punti deboli degli altri. Non volevamo che chi usasse Ninjalitics provasse i nostri stessi disagi.

Che cos’è che più ti da fastidio quando usi un servizio di qualcun altro (attenzione, non ho scritto solo concorrenti, potevo farlo, ma non l’ho fatto.)?

Se dovessi spiegare questo progetto a tua nonna, cosa le diresti?

Nonna… ti ricordi quando Pantani vinceva tutte le gare… lo chiamavano il Pirata.
Lui si metteva in sella, pedalava, pedalava … e arrivava sempre prima degli altri.

Era l’orgoglio d’Italia.

Fino a quando lo hanno trovato positivo al doping.

Te lo ricordi quel giorno?

Se la sono presa solo con Marco, nonna… Ma se ci fosse stata ninjalitics, probabilmente avrebbero scoperto che anche gli altri corridori si lo facevano. Chi più, chi meno. Perché ninjalitics sa cosa cercare. Tu chiedi, e lui risponde.

Andrea e Yari in una pizzata/raduno con i followers e sostenitori Ninjalitics, inaugurano la loro società magnohack.

Chi sono le menti dietro ninjalitics?

La risposta scontata è Yari e Andrea.

Ma la realtà è che ninjalitics è veramente un po’ di tutti.

Molte intuizioni e idee nascono da conversazioni con gli utenti, cosi come con i nostri amici, reali o digitali che siano (si, ho detto amici digitali, non mi prendere in giro ahaha ma è vero!)

Seguendo il profilo instagram ninjalitics potrete rimanere aggiornati sulle ultime news instagram grazie a interessanti stories e dirette in cui si risponde alle domande degli utenti, si presentano idee e si dialoga con la community. 

Come mai il nome ninjalitics?

Qui dovrei lasciare la parola ad Andrea, e capirai il perché a fine risposta … ma è in pausa pranzo, quindi la
racconto io. Come avrai notato il nome è la combinazione di “Ninja” e “Analytics”. Ninja, perché un anno prima avevamo creato un software che si chiamava proprio Ninja. Era un nome che ci piaceva, quando una cosa era figa dicevamo “è power ninja!” … e noi volevamo fare cose fighe. Quindi, no, non è perché siamo associati a ninja marketing o perché lo abbiamo preso come modello, mi spiace deluderti.
Analytics invece, per ovvie ragioni, essendo ninjalitics un tool di analisi. Il retroscena, perché ogni nome che si rispetti ha una storia, è che Ninjalitics non doveva chiamarsi così … bensì NINJALYTICS. Una volta scelto il nome, Andrea doveva comprare il dominio… Ricevo il suo messaggio su whatsapp con la conferma e l’indirizzo web e mi accorgo che c’è una “i “al posto della “y” … Andrea era sovrappensiero e ha scritto il nome sbagliato… della serie “you had one job!” Ma la cosa divertente è che il logo che aveva preparato da mettere sul sito lo aveva scritto giusto!

Errore vincente, bravo Andrea, ninjalItics ci piace di più di NinjalYtics!

Avete deciso di tenere il sito gratuito e il popolo della rete vi ama già, come mai questa scelta contro tendenza?

Ottima domanda. (Grazie!)

È stata una strategia a lungo termine.
Da una precedenza passata avevamo imparato che nel business, interessano i numeri.

Se non hai persone che usano la tua piattaforma, non vieni considerato (ti ricorda qualcosa in particolare, magari legato ad instagram? Sarà che siamo fatti proprio cos’ eh…)
Quindi il nostro obiettivo era farci conoscere.

E per farlo doveva abbattere ogni sorta di barriera che potesse ostacolare il passaparola di ninjalitics.

Anzi, di più, ci siamo concentrati su come favorirlo il più possibile.

Avere fretta di monetizzare, avrebbe voluto dire accontentarsi di pochi € oggi, per rinunciare a molte più cose domani. Tirandoci letteralmente la zappa sui piedi. Altri competitors lo hanno fatto, e non sono qui a fare questa intervista.
È la prima regola del business è che la gente ti compra per 3 motivi:
1) si fidano di te per esperienza diretta
2) hanno sentito parlare di te da chi si fidano
3) tutti parlano di te
Come fai a chiedere dei soldi se prima non ti fai conoscere e non hai la fiducia delle persone? Se una persona sconosciuta ti fermasse per strada e ti dicesse “Mi dai 10€ per aiutarmi a sviluppare il mio progetto?”

Cosa risponderesti?

Avete in mente di creare un servizio premium in futuro?

Yes!

È quello a cui stiamo lavorando ora. L’idea è di lasciare la parte che hai conosciuto come gratuita, gratuita per sempre, con delle ulteriori migliorie nel tempo, e di sviluppare strumenti professionali per chiunque utilizzi instagram per business, in particolare social media manager e agenzie.

Perché usare ninjalitics?

Perché ti piace la nostra filosofia. La nostra mission è aiutare, dare la possibilità, gli strumenti e l’informazione a chiunque per potersi migliorare.

Parliamo di follow/unfollow
Ho testato questa “tecnica” su un profilo (non lavorativo) con un buon E.R in modo da valutare il prima/durante/dopo.

Le mie conclusioni sono che:

  1. Prima di provare questa strategia avevo una Home molto più interessante. In pratica mi sono trovata a seguire persone, reali, con le quali non avevo nulla in comune. 

  2. Non è vero che il numero dei seguaci cresce più rapidamente. Anzi, si rischia di uscire fuori target e vedere calare il proprio engagement rate perché spesso le persone a) ti seguono in automatico senza essere realmente interessate e coinvolte da ciò che pubblichi b) dopo un po’, giustamente, si stancano e ti abbandonano!

  3. Il profilo test non aveva bisogno di nulla fuorché la mia normale attività di scambio con i follower.

  4. Conclusioni: il follow/unfollow è la peggior strategia Social perché è per definizione anti Social. Credo che il segreto del successo sia semplicemente essere se stessi, senza fretta di arrivare chissà dove: meglio crescere un poco per volta sani e robusti che non velocemente ma male!

Detto questo, scusa se mi sono dilungata, avete avuto anche voi esperienze dirette di questa strategia prima di creare ninjalitics?”

Penso che non ci sia cosa migliore dell’esperienza diretta.

Hai fatto un’analisi in cui si potranno rispecchiare molte persone che leggono questo articolo (anche se spero di no!). Per sapere come riconoscere un fenomeno, devi conoscerlo.

Come potremmo stare al passo altrimenti?
Un tossico dipendente sa riconoscere un altro tossico dipendente.

Probabilmente, starai pensando: “si grazie, anche io se ne vedo uno me ne accorgo!” … sì, ma di quale sostanza?
Se vedi un profilo instagram con qualcosa di strano, hai il presentimento, ma non sai cosa c’è dietro. Per sapere cosa c’è dietro, riconoscerne i comportamenti, devi essere dietro le quinte e sapere tutto quello che succede in quel mondo.

Colgo l’occasione anche per fare una precisazione: ninjalitics non è contro il follow/unfollow.

Cosi come non vuole puntare il dito contro nessuno. Ci spiace quando viene utilizzato in questo modo. Il nostro obiettivo è la trasparenza. Utilizzare o meno tecniche d i crescita, giuste o sbagliate che siano, legali o no, è una tua scelta.
Se un’azienda però ti sceglie come collaboratore, è giusto che sia informata e libera di poter scegliere. È un fattore di correttezza. Così come penso alle migliaia di persone che hanno come riferimento profili che crescono di 100 followers al giorno. “Se non cresco di 100 followers al giorno non sono al loro livello, loro sono migliori di me” Ma chi lo ha detto?!
Crediamo nei dati che contano, e non nelle vanity metrics.

E li porteremo alla luce.

I microinfluencer sono una risorsa che va tutelata.

Cosi come chi si è fatto il culo per anni per raggiungere i risultati che ha ottenuto. Il successo non è “tutto e subito”. E soprattutto il successo non è da misurarsi in numero di followers. Se anche solo una persona che legge questo articolo farà un’azione concreta, avrò speso bene queste due ore che ho investito in scrivere questa intervista.

Consigli pratici agli instagramers?

Concentrati sulla tua community (non quella degli altri).
Sii costante
Dai valore a chi ti segue. Pensa al loro bene, non al tuo tornaconto. Ti sorprenderà da quello che accadrà.
Inoltre vedo come in essenziale concentrarsi sulle stories. Se hai del budget pubblicitario da investire, mettilo lì.

Come possono darvi una mano gli utenti affezionati?

Il miglior modo per supportare ninjalitics è diffonderlo con le persone a cui pensi possa essere utile.
Niente di più.

In realtà, oltre al passa parola, che vale più di ogni altra cosa, è possibile fare una donazione a Yari e Andrea che stanno lavorando per tenere il servizio gratuito. Credo che dare una mano in questo senso sia un modo semplice di riconoscere il loro lavoro. Nella Homepage del loro sito è possibile vedere la lista dei donatori!

Programmi per il futuro?

Apriremo il gruppo facebook per la community di ninjalitics dove vogliamo condividere Live (direttamente con noi), interviste a influencer che possano fare da esempio agli altri e dare la possibiltà alle persone di avere risposte alle loro domande o creare conversazioni utili.
Inoltre a fine Febbraio verrà inaugurato il Blog di Ninjalitics dove metteremo a disposizione delle persone sempre più informazioni sia sul mondo di instagram, che su come comunicare o fare marketing. Abbiamo messo insieme un team di persone molto competenti che scriveranno delle rubriche tematiche …

Sono molto curioso di vedere cosa succederà!

Grazie Yari per la tua disponibilità, che altro dire se non buon lavoro?

Consiglio l’uso di questo tool a social media manager, professionisti e aziende per monitorare l’andamento della propria pagina instagram. Tutti i dati raccolti vengono riportati in un grafico e in una tabella, per rendere più semplice e intuitiva la consultazione. 

AGGIORNAMENTO:

Ninjalitics ha cambiato nome, lo trovate al seguente link: Njlitics

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