Essere influencer si o no? Leggevo i diari di Mario Soldati e mi ha colpita in modo particolare una sua riflessione, attualissima, riguardo la fama.
Influencer business nel 1956?
Qual è il fenomeno più spiacevole tra gli importanti o il più importante tra gli spiacevoli, dal 1946 al 1956?
Certo, il trionfo, sempre crescente, della fama fatua. Divi del cinema, atleti, uomini politici, criminali, adulteri, vincitori di lotterie, ecc. raggiungono, nel giro di poche ore, notorietà nazionali e, qualche volta, mondiali.
Molti si lamentano, e molti biasimano apertamente, su giornali e riviste, questo dilagante costume. Tuttavia, non c’è nessun segno che si tratti di un fenomeno passeggero; nessuna speranza ch’esso diminuisca. Anzi: lo scandalo pubblicitario aumenta di potenza ogni anno, ogni mese; e ciò che, volta per volta, si dice e si stampa contro di esso, non gli nuoce e non lo combatte neanche, ma lo nutre e lo aiuta a prosperare. Se certi fatti sono sciocchi o vergognosi, sarebbe molto meglio, anziché proclamare e pubblicare che sono sciocchi e vergognosi, semplicemente non parlarne.
Ma ci comportiamo, tutti, proprio nel modo opposto. Perché? Vuol forse dire che non si trovano più, tra noi, o si trovano sempre meno, uomini onesti?
Abbiamo cercato di riflettere su questo problema. E siccome è nostra opinione profondamente radicata che l’uomo, nei secoli, non migliora e neppure peggiora mai, abbiamo concluso che il moderno trionfo della fama corrisponde a qualche riposto, irresistibile, irrefrenabile bisogno dell’umanità. E come mai, allora, questo bisogno sta venendo fuori soltanto adesso? Ma evidentemente, perché prima, trovava altre vie di sfogo. C’è sempre, una legge di compenso.
E quale sarebbe questo bisogno?
Il bisogno della diseguaglianza: che nell’uomo è almeno altrettanto forte del bisogno di eguaglianza; ma che, in un’epoca, come la nostra, in cui i popoli e le classi fanno passi da giganti verso l’eguaglianza, si trova grandemente umiliato, e cerca con ogni mezzo di riprendersi e tornare a livello dell’altro bisogno suo fratello gemello, oggi universalmente vittorioso.
Mario Soldati, 7 gennaio 1956
Essere o apparire, quindi?
Di certo essere ma anche apparire.
Gli influencer con vite patinate a bordo piscina, senza problemi e senza pensieri sono morti.
O meglio.
Non sono mai esistiti.
I social servono per comunicare CHI SIAMO tenendo però conto del modo in cui lo comunichiamo.
Avere una vita piena, anche a bordo piscina può essere narrato MA senza fingere.
Perché le bugie, Collodi insegna, hanno le gambe corte e prima o poi tornano indietro.
Con gli interessi.
Sui social, anche se sembra, la comunicazione non deve e non può essere immediata. Fatta eccezione per le Storie che narrano momenti del quotidiano e in cui è lecito mostrare la propria quotidianità.
A parte le Storie occorre pesare bene le parole e l’immagine che non deve essere perfetta ma neppure di scarsissima qualità.
Lo scritto di Soldati, così indietro nel tempo, parliamo del 1956, mi ha fatto riflettere su come, da sempre, in tanti cerchino di emergere su basi non rilevanti.
Dove sono finite le persone oneste?
Come detto qualche tempo fa, ognuno di noi è influencer.
Quante volte avete consigliato un film o una ricetta a parenti e amici?
Quante?
Essere.
Apparire come si è.
Trasmettere valori, emozioni.
Creare empatia, sinergia.
Trovare la strada per mostrarsi esattamente come si è.
Questo dovrebbero essere i social.
E anche la chiave per il successo.